Dagli Appennini alle Alpi
Con la 10ª Divisione “Mountain” americana; belle truppe, ben addestrate ben equipaggiate, inviate in una zona della Linea Gotica dove era più duro sfondare.
“Le mie truppe stanno affrontando il più difficile terreno di montagna da noi incontrato in Italia e stanno combattendo la più dura lotta da quando sono sbarcate a Salerno. Gen. Mark Clark”. Si , la Linea gotica fu veramente dura per gli alleati, più di quanto a distanza di cinquant'anni si possa immaginare. E si che la guerra era quasi finita; non mancavano infatti che pochissimi mesi al collasso delle truppe tedesche in Italia, ma questo fronte dimenticato, “the forgotten front” come dicevano loro, stava riservando sgraditissime sorprese. La Linea Gotica era ben fortificata e ben guarnita da reparti che pur essendo entrati nel clima della chiara sconfitta, non mollavano e causavano un pesante quotidiano stillicidio di perdite nell'avversario. Ne sapevano qualcosa gli americani dell 88ª Divisione di fanteria, i brasiliani del BEF, e, in un settore contiguo e un po meno difficile, i neozelandesi della 2ª Divisione, che nei loro rapporti giornalieri assieme al “little to report” (poco da segnalare), elencavano i non pochi morti e feriti conseguenti alle quotidiane dure schermaglie di pattuglie operanti fra vasti campi minati e trappole esplosive disseminate a decine di migliaia sulle pendici dell'Appennino, dal Tirreno all'Adriatico. I tedeschi sapevano combattere bene dovunque, ma erano particolarmente efficienti sull'Appennino tosco-emiliano, favoriti anche dal fatto che alcune divisioni alleate erano state spostate, dopo l'apertura del secondo fronte, in Francia, senza per altro essere sostituite. Il teatro di operazioni italiano era quindi diventato di secondaria importanza, ciò non toglie però che riservasse, fino a primavera inoltrata del 45 amare sorprese. | ![]() |
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La tipica uniforme da combattimento di un mountaineers: giacca a vento e pantaloni in tessuto impermeabilizzato. Si notino gli "shoe pac" pesanti calzature in cuoio e gomma | ![]() |
Il gen. Mark Clark ottenne per la sua 5ª Armata che gli venisse assegnata la 10ª Divisione di fanteria da montagna, sicuro che avrebbero saputo dimostrare quanto valessero i suoi “mountaineers” addestrati ad operare si in clima polare, ma su terreno pianeggiante e quindi un po meno mobili su un terreno molto accidentato come quello appenninico. I reparti della divisione si erano addestrati nella zona di Tennessee Pass di Camp Hale in Colorado; il 15 luglio 1943 la divisione venne ufficialmente formata e ad essa toccò un bel distintivo da braccio formato dalla silhouette bianca di un barile di polvere da sparo facente da contorno a due baionette rosse che, incrociate su campo blu, formavano una X romana. Allorché fu riconosciuta all'unità, il 22-10-44 la specializzazione per il combattimento in montagna, il distintivo venne sormontato da una targhetta con la scritta “Mountain” bianca anch'essa su fondo blu.
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Particolari della giacca a vento: l'ampia cacciatora dorsale chiusa da cerniera lampo; il cappuccio e l'armatura di canapa incrociantesi sul dorso del soldato per sostenere il peso di quanto stivato nelle tasche e nella cacciatora |
![]() | Il terreno di operazioni italiano era già nel destino della divisione quando essa venne assegnata nel dicembre 44 al teatro del mediterraneo: col nuovo anno infatti, l'8 gennaio la grande unità giunse in Italia. Non si trattava di una scampagnata: il 19 febbraio 1945 la divisione, entrata in linea, ebbe le sue prime perdite. La Valle del Po, “The Promise Land” come dicevano i loro cappellani, era ad un passo e sembrava facile arrivarci, ci arrivarono ma a caro prezzo assieme ai compagni brasiliani e ai partigiani locali. Erano ben equipaggiati e armati molto meglio dei loro avversari tedeschi. In fatto di equipaggiamento, erano giunti in Italia come se dovessero andare sull'Everest, ma gli speciali scarponi con ramponi da ghiaccio, le racchette da neve, gli sci, gli slittini non trovarono impiego; ebbero invece inizialmente e paradossalmente qualche problema con le tenute bianche da neve, per la maggior parte ricevute dagli inglesi, e con le galosce o le scarpe da neve che arrivarono molto più tardi degli uomini. Forse che aveva studiato il clima italiano era stato preso alla sprovvista dell'eccezionale maltempo, pioggia, grandine, neve, fango del precedente inverno 1943-44. |
In una foto d'epoca, una pattuglia dell'86° Mountain Infatry Regiment. Sono abbigliati con parka mimetici reversibili bianchi. (US Army)
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Singolarmente ogni “alpino” americano era equipaggiato per il combattimento con l'abbigliamento di base e convenzionale dell'esercito, corredato però di giacca a vento e di pantaloni speciali.
![]() | I pantaloni, realizzati nello stesso tessuto della giacca, hanno grosse tasche alle cosce, due tasche sopra ai fianchi guarnite di cerniere lampo, e due tasche posteriori con bottoni; si stringono alle caviglie per essere infilati negli stivaletti da fanteria Mod. 1943 o negli “shoe pac” gommati o nelle galosce di gomma. Spesso i “mountaineers” portavano gli scarponi da sci anche con la divisa da libera uscita convenzionale per tutto l'esercito, e, al posto dei pantaloni di lana normali portati col giubbetto “Ike” Mod. 1944, usavano dei pantaloni classificati come Mod. 1942, sempre in lana, ma stretti alle caviglie e con cerniere lampo alle tasche sui fianchi. Questi pantaloni erano stati studiati inizialmente per tutte le truppe da montagna e trovavano impiego anche tra i SSF (Special Service Force) misto canadese-americano che combatté sull'Appennino assieme alla 10ª Divisione. Le SSF infatti avevano equipaggiamenti pressoché identici a quelli della 10ª, ed il criterio d'impiego fu pressoché sovrapponibile sebbene quelli fossero anche paracadutisti. | ![]() |
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Scarponi da sci con ramponi da ghiaccio e ghette di canapa, oggetti che in realtà videro scarso uso sul fronte italiano, sebbene molto apprezzati dai mountaineers, specie gli scarponi da neve tipici della specialità e molto ben fatti. | ![]() |
![]() | Nella foto a sinistra; il giubbetto "Ike" portato con pantaloni di lana speciali Mod. 1942, specifici per i mountaineers, e scarponi da sci. Tale combinazione, da libera uscita, fu vista in occasione di parate e premiazioni, anche se il comune equipaggiamento della fanteria fu quello prevalente. Si noti il distintivo da braccio della Divisione "Mountain" che spicca sull'Ike jacket: esso venne assegnato alla divisione il 22 novembre 1944. Sopra il berretto alla norvegese impiegato assieme agli occhiali da montagna. erano due oggetti ideati appositamente per questi reparti. | ![]() |
Il 25 febbraio 1945, giorno in cui la 10ª conquistò dopo alterne vicende il Monte Belvedere sull'Appennino, cominciò anche l'avanzata che portò l'unità alla valle del Po, la Terra Promessa. In diciannove giorni, le truppe alleate, e con esse la 10ª Divisione, arrivarono alle Alpi e finì la guerra.
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Organico della 10ª Divisione "Mountain" Headquarters
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I reduci della divisione, oggi con qualche anno in più, tornano periodicamente sui luoghi che li videro giovani e baldi mountaineers: guardano con emozione i campi di battaglia e lo stupendo panorama di quelle montagne, una terra ora benedetta da Dio, nella quale molti di loro nel 1945 lasciarono la loro giovinezza.
Si ringrazia la rivista TACArmi